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PATROCINI


Disegni di Giovanni Galluzzi
Le serigrafie sui gadget per l’autofinanziamento sono a cura di Pigment Workroom


20 anni dal primo Pride a Bari,
come persone LGBTQIA+

torniamo a percorrere le strade della nostra città,
con tutto il nostro orgoglio e tutta la nostra rabbia
perché troppe delle rivendicazioni
che portiamo in piazza da vent’anni

non sono ancora realtà.

Era il 6 giugno del 2003 e quella che Bari conobbe con quella prima parata per i diritti di gay, lesbiche, bisessuali e trans – come si usava scrivere per esteso, per non lasciarsi spaventare dal suono della parola – fu una vera rivoluzione, uno scossone in grado di agitare la comunità quanto la politica, di cambiare i paradigmi della cittadinanza inclusiva con un evento di respiro nazionale con gente da ogni parte del mondo. Billy Moore cantava Up’N’Down, dal palco i discorsi dei maggiorx attivistx italianx.

Fra vent’anni, pensavano, tutto quello per cui scendiamo in piazza oggi sarà stato raggiunto, conquistato, persino superato. Fra vent’anni nessuno discriminerà più le persone per il loro orientamento sessuale o per la loro identità di genere. Fra vent’anni, nessuno oserà dubitare che le famiglie composte da coppie di persone dello stesso sesso siano vere famiglie e nessuno oserà mettere in discussione i diritti dei loro figli e delle loro figlie. Fra vent’anni, pensavano, l’AIDS sarà sconfitto per sempre. Fra vent’anni, nessuno dovrà passare davanti ad un giudice per chiamarsi col proprio nome.

Si sbagliavano.
O, forse, avevano solo sognato in grande.
Con coraggio. Troppo in grande.

La storia ha preso un corso diverso, abbiamo fatto due passi avanti e tre indietro. La nostra società è cambiata nelle sensibilità, il lavoro di chi ci ha precedutx come attivistx ci consente di fare oggi tante cose che un tempo sarebbero state impensabili. Di dire tante cose. Eppure, non tutte, non sempre.

La politica è rimasta indietro, assecondando una mentalità retriva, bigotta, patriarcale. Quella per cui esulti se affossano un disegno di legge contro le discriminazioni, la stessa per cui dichiari guerra alle famiglie omogenitoriali. 

Dobbiamo ancora guardarci le spalle prima di scambiarci un bacio, dobbiamo ancora tenere nascosto il nostro orientamento sessuale ai nostri genitori, dobbiamo ancora temere per la loro reazione quando lo scopriranno. Dobbiamo crescere e sgomitare nel mondo del lavoro fra i pregiudizi. Dobbiamo sopportare che ci dicano come possiamo e non possiamo parlare, vestirci, camminare. Dobbiamo accettare che ci dicano quale possa e quale non possa essere la nostra famiglia. Dobbiamo sopportare che ci dicano che la nostra non è una famiglia, che decidano sui nostri corpi, che condizionino i nostri diritti alle nostre possibilità economiche, e le nostre possibilità economiche ai compromessi a cui siamo dispostx a scendere.

Oppure, possiamo riversarci in piazza. 
Sabato 17 giugno. Per questo e per molto altro.

Sottoscrivi il nostro documento politico e supporta la parata.
Il nostro coordinamento è indipendente, autofinanziato e slegato dalle logiche di rainbow washing.

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